Questo è un gioco che ha letteralmente segnato un'epoca. Ricordiamo ancora con nostalgia tutte le riviste di metà anni 90 (o giù di lì) impazzire per Virtua Fighter, inoltre la conversione per SEGA Saturn fu davvero un fulmine a ciel sereno, riusciva a valorizzare al massimo (a dire il vero anche quella 32X non era niente male) l'opera dello storico team SEGA AM2. Diciamo che in un certo senso Virtua Fighter ha rappresentato quello che è stato Street Fighter per i picchiaduro 3D.
Nato da un’idea di Seiichi Ishii e dalla direzione del mai troppo elogiato Yu Suzuki, Virtua Fighter uscì nel 1993 su scheda arcade.
Il gioco vantava ben 8 personaggi caratterizzati dai più svarianti stili di lotta e dalla nazionalità diversa (tra i più popolari della saga vanno citati Akira, Pai, Jacky, Sarah e Kagemaru), in più si aggiungeva Dural, storico boss androide della serie capace di effettuare le mosse speciali di tutti i lottatori grazie ad un complesso programma di emulazione, rendendola una spietata macchina del combattimento. Insomma, un plot non particolarmente fantasioso, ma davvero realizzato bene.
Infatti i personaggi oltre ad avere un indiscusso appeal potevano anche vantare un realismo decisamente fuori standard per l’epoca, il quale si rifletteva nell’esecuzione delle tecniche tratte dal loro stile di combattimento.
Accantonate fireball e salti senza gravità, tipici dei picchiaduro 2D, Virtua Fighter per la prima volta mostrò un gameplay complesso, basato su combo, contrattacchi e un occhio particolare per quello che concerne la difesa. Inoltre era consentito spostarsi a 360° nell’arene di gioco, in modo da garantire maggiore fluidità d’azione e la possibilità di schivare i colpi dell’avversario.
Tra le altre caratteristiche capaci di impreziosire il gameplay spicca sicuramente il ring out, vero e proprio marchio di fabbrica della saga. Si tratta della possibilità di vincere un match scaraventando fuori dall’arena il nostro avversario.
Questa particolarità rende ogni combattimento decisamente più interessante e stimola ad usare al meglio il già citato movimento laterale del personaggio. Inoltre scongiura la possibilità di trovarsi di fronte a “difese a riccio”, rendendo i combattimenti più reattivi, lasciando pochissimo margine di pensiero tra una situazione e l’altra; vince chi saprà concretizzare al meglio il proprio parco mosse, premiando quindi la tecnica anziché il cieco istinto.
La grafica oggi può apparire scarna ed essenziale, fatta da pochi poligoni e zero texture, ma per l’epoca fu davvero qualcosa di rivoluzionario. Forse oggi è superfluo da rigiocare a fronte di ben altri quattro capitoli (tra l’altro tutti di ottima qualità), ma sicuramente va ricordato per la sua importanza storica. E poi diciamocelo, nonostante gli anni sul groppone ha ancora molto da insegnare anche a titoli più moderni e blasonati.
Una menzione speciale va sicuramente alla soundtrack (che potete ascoltare qui sotto), un concentrato adrenalinico capace di rendere viva ogni battaglia!
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